Franco Caminiti) – Forse il professor Giuseppe Conte è sceso coi piedi per terra. L’ha dimostrato con un gesto di coraggio. Di coraggio vero, perché mescolarsi agli operai Ilva, voglio dire ‘fra loro’ non da un palco magari sollevato e protetto, non era semplice. C’era un rischio reale (ricordate la statuetta sui denti di Berlusconi?), un rischio reale e fisico. Eppure Conte si è mescolato fra gli operai. Bravo! Ho detto è sceso coi piedi per terra, proprio così, con la frase “non ho la soluzione in tasca”. Non era questa la sua posizione qualche giorno fa, quando invece era convinto, e voleva convincere gli italiani che avremmo ‘inchiodato Arcelor-Mittal’ alle loro responsabilità. Come se il più grande produttore d’acciaio del mondo non avesse buoni avvocati a valutare le azioni prima di intraprenderle. 7 ne hanno messi in campo, dicesi ‘7’ avvocati, di quelli da centomila euro al giorno! L’ho scritto quasi subito che Conte avrebbe perso la battaglia con Mittal; se ne è reso conto.
Chi sembra ancora vagare nelle nuvole è il viceministro Stefano Buffagni, il quale, ancora ieri, in un video su Facebook, riferito a Mittal, sbraitava: gliela faremo pagare cara!. Sbagliare ‘a caldo’, subito dopo la decisione di Arcelor-Mittal, sarebbe anche comprensibile, (non perdonabile), ma dopo aver compresa la situazione i toni avrebbero dovuto modificarsi. Invece Buffagni in questi ultimi giorni sembra essere vissuto ‘altrove’.
Avrei voluto vedere una delegazione di politici che piazza una tenda all’Ilva e ci sta fino a quando non si risolve il problema. Deputati e senatori che vivono, mangiano e dormono, nei banchetti davanti all’Ilva, per provare cosa vuol dire respirare l’aria ricca di polvere di ferro, l’aria che uccide la gente, e adesso anche l’aria di disperazione. No, nessuno ci è andato. Ci è andato Conte, l’unico che, se andiamo a ben vedere, in questa vicenda non ha nessuna, proprio nessuna, colpa. Anzi, ha anche tentato di metterci una pezza ripristinando le clausole di garanzia dette ‘scudo penale’. Ma i 5 Stelle si sono opposti in Parlamento, capitanati da Barbara Lezzi, che forse avrà pensato di farsi così la campagna immagine per la sua candidatura a Presidente della Regione Puglia. E forse, insidiare anche il ruolo di Di Maio in seno al Movimento. Nella vicenda Ilva di Taranto, nessuno può tirarsi fuori, nessun partito, perché tutti c’erano, in un modo o nell’altro, sin dai tempi dei Riva. Sì, uno può dire ‘io non c’entro in questo problema’, uno solo, ed è Giuseppe Conte. E’ una realtà, dimostrata ampiamente dal fatto che solo Conte ha avuto il coraggio, e la coscienza pulita, di andare ad abbracciare gli operai disperati di Taranto.
In tanti che mi seguono, e che spesso mi attaccano, mi hanno tante volte detto ‘quando dirai bene di Giuseppe Conte?’. Ecco, è il momento di dire, senza timore di smentite: “Bravo Presidente Conte!”
Dai diamanti in Tanzania ai bond di Arcelor Mittal.
Salvini che si dice, a parole, contro l’Europa delle banche, dovrebbe spiegarci perché il suo partito avrebbe investito, a scopo di lucro, 300 mila euro in obbligazioni dell’azienda franco-indiana che ha acquistato l’Ilva e che ora minaccia di recedere, unilateralmente, dal contratto firmato con lo Stato.
Infatti, quella stessa Lega, a parole sovranista, che chiede di reintrodurre l’immunità penale per Arcelor Mittal, secondo diversi organi di stampa, avrebbe investito 300 mila euro proprio in un bond corporate di Arcelor Mittal. Cioè dice di essere dalla parte dei cittadini, dei lavoratori, contro i poteri forti, ma investe soldi in obbligazioni di multinazionali straniere.
Da “prima gli italiani!” a “prima i franco-indiani”, in questo caso. A parole fa finta di combattere l’Europa “serva di banche e multinazionali”, salvo poi schierarsi sempre dalla parte di quest’ultime. È forse per questo che la Lega, invece di prendersela con la multinazionale franco-indiana, e difendere i lavoratori come sta facendo l’esecutivo, si è scagliata contro il Governo? Salvini scappa e non risponde, come sempre, come ieri mattina, a precisa domanda, dice di chiedere all’amministratore della Lega su questi investimenti. Quindi investono a sua insaputa i soldi del partito?
È chiaro, quindi, il motivo per cui l’ex sottosegretario leghista al Mise, Edoardo Rixi, dimessosi per lo scandalo delle spese pazze in Liguria, si spendesse così tanto per Arcelor. Ed è curioso che Arcelor, a luglio del 2018, assunse come capo comunicazione proprio l’ex portavoce di un leghista d’annata, Roberto Maroni. Insomma fra l’azienda franco-indiana e la Lega ci sono molti rapporti e molti contatti. E chissà cosa avrà detto loro Salvini, da vicepremier, quando ha incontrato i vertici di Arcelor Mittal. Forse si è passati da prima i lavoratori a prima gli investimenti, quelli del partito verde.
Ma la domanda è: ritenete normale che la Lega, come emerge dalle inchieste, investa soldi pubblici (ricordate i famosi 49 milioni di rimborsi elettorali con i quali acquistarono diamanti in Tanzania), non solo su obbligazioni Arcelor Mittal, ma anche su alcune delle più famose banche e multinazionali, come l’americana General Electric, la spagnola Gas Natural, le italiane Mediobanca, Enel, Telecom e Intesa Sanpaolo?
Non c’è un macroscopico conflitto d’interessi se parliamo di un partito che è in Parlamento e che dovrebbe tutelare gli interessi degli italiani?
Di seguito l’intervista a Nunzia Catalfo, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, apparsa su “Famiglia Cristiana”:
«I risultati concreti stanno per arrivare». È fiduciosa Nunzia Catalfo, 52 anni, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali. Lei, che già nel 2013 era stata prima firmataria del disegno di legge per l’istituzione del Reddito di cittadinanza, sottolinea innanzitutto che “non sono previste modifiche a questa misura, partita solo alcuni mesi fa. Adesso attendiamo i risultati che arriveranno con la seconda fase che è già iniziata. I Centri per l’impiego hanno avviato le convocazioni (sono già stati sottoscritti 50 mila Patti per il lavoro), e sono operative le due piattaforme previste dal decreto (GePI, acronimo di Gestionale per i patti per l’inclusione, e MyAnpal, la “scrivania digitale” che fa da intermediaria tra domanda e offerta di lavoro). Inoltre, la scorsa settimana ho firmato il decreto per l’avvio dei progetti utili alla comunità a cui i percettori parteciperanno nei loro Comuni di residenza”
Continua a essere convinta della bontà del provvedimento?
«Il Reddito di cittadinanza è una misura che andava fatta perché, come ha recentemente ricordato anche papa Francesco, i poveri non sono numeri ma persone a cui andare incontro. Questo è stato il motore della nostra azione. Il provvedimento è il grimaldello che, affiancato a un sostegno al reddito, ha messo fine all’immobilismo sulle politiche del lavoro in Italia. Abbiamo messo in piedi un’azione di sistema che questo Paese aspettava da vent’anni, finanziando con un miliardo di euro le Regioni per potenziare infrastrutture e risorse umane. Entro il 2021 saranno assunti a tempo indeterminato 11.600 nuovi operatori che andranno ad aggiungersi agli 8 mila che già operano nei Centri per l’impiego. Finalmente iniziamo a portare l’Italia al livello degli altri Paesi Ue».
I furbetti del Reddito di cittadinanza. Come trovarli?
«Come stiamo già facendo. Con controlli serrati che, grazie al lavoro delle autorità, già nei primi 6 mesi ci hanno permesso di scovare 185 lavoratori “in nero” percettori di RdC. Per tutti è scattata la denuncia più la revoca del beneficio. Il regime sanzionatorio che abbiamo previsto è molto severo: chi froda lo Stato prendendo indebitamente il Reddito rischia fino a 6 anni di carcere. Su questo non facciamo sconti».
In quali zone del Paese ci sono più domande?
«La maggior parte dei 980 mila nuclei percettori risiede in Campania (19%) e Sicilia (17,3%), mentre le percentuali più basse si registrano in Valle d’Aosta (0,1%) e Trentino-Alto Adige (0,3%)».
Questo significa che c’è anche più disoccupazione al Sud. Come combatterla?
«La disoccupazione noi la stiamo già combattendo e i dati ci danno ragione, tanto che ad agosto il tasso è sceso al 9,5%, ai minimi dal 2011. Anche la disoccupazione giovanile è in calo di 1,3 punti percentuali al 27,1%, il punto più basso dal 2010. Sappiamo che non basta, che oltre alla quantità bisogna rafforzare anche la qualità del lavoro. La parola chiave è diritti e per questo abbiamo fatto subito il Decreto dignità che, malgrado le critiche, sta dando i suoi frutti. I prossimi passi sono il taglio del cuneo fiscale e il salario minimo. Così si consoliderà il trend delle assunzioni e ci saranno benefici anche al Sud».
Com’è composto il nucleo familiare dei percettori del Reddito?
«Si tratta di famiglia con, in media, 2,4 persone con un’età attorno ai 36 anni. Il 36% dei nuclei familiari che percepiscono il Reddito di cittadinanza vede la presenza di minori: in totale sono 597mila. Un numero da tenere a mente perché vuol dire che circa 600 mila minori, grazie al RdC, hanno un sostegno certo. È una delle cose di cui vado più fiera».
Il Reddito di cittadinanza non risolve, però, tutti i problemi. Lei ha detto che uno dei suoi cavalli di battaglia sarebbe stata anche la parità di reddito delle donne. A che punto siamo?
«L’obiettivo è quello di arrivare a una totale parità delle retribuzioni tra uomo e donna, che non deve essere solo formale, ma sostanziale. Come? Stiamo studiando una serie di misure premiali volte a incentivare chi assume donne al rientro dalla maternità, a contrastare il part-time involontario, al riconoscimento del lavoro di cura e al rafforzamento del congedo di paternità obbligatorio. In questo senso, intendo coinvolgere pienamente le Camere: in Parlamento ci sono già diverse proposte di legge che possono rappresentare una base di partenza».
Bisogna combattere anche il lavoro nero e il caporalato.
«Il 16 ottobre al ministero del Lavoro ho insediato il tavolo interistituzionale sul caporalato. Voglio che dai lavori del tavolo emergano con forza procedure che spezzino il ruolo centrale del caporale. Questo si può fare esclusivamente rendendo trasparente l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Su questo tema ho avuto modo di confrontarmi con lo Special Rapporteur per le schiavitù dell’Onu, Urmila Bhoola, che ha molto apprezzato l’impegno dell’Italia in questa direzione. Nel contesto difficile in cui ci troviamo a operare, nel quale la criminalità organizzata approfitta delle debolezze dei lavoratori, dobbiamo anche riconoscere che non siamo soli. Abbiamo il supporto della Commissione europea, grazie al Programma di sostegno alle riforme strutturali. Dal canto nostro, come ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali abbiamo finanziato con 85 milioni di euro il piano triennale dedicato proprio alla prevenzione e alla lotta al caporalato».
Abbiamo delle ottime leggi sulla sicurezza, perché allora aumentano gli infortuni e le morti sul lavoro?
«È vero, abbiamo una delle legislazioni più avanzate d’Europa ma questa non è del tutto attuata. È mia intenzione realizzare un aggiornamento del Testo unico sulla sicurezza del 2008. Questo è un obbligo morale, prima che giuridico, di fronte al fenomeno degli infortuni sul lavoro che continuano a essere ancora troppo elevati. Ricordiamoci sempre che parliamo di persone, non di numeri. Occorre inoltre fare in modo che le leggi che abbiamo siano rispettate. Per questo, stiamo già lavorando per far attivare la patente a punti per le imprese che investono in sicurezza e stiamo provvedendo al rafforzamento dell’attività di vigilanza, con nuove assunzioni di personale ispettivo. Puntiamo poi sulla diffusione della cultura della prevenzione attraverso campagne informative e formative. Sono partiti i primi progetti di formazione finanziati dal mio Ministero attraverso il bando Inail: circa 15 milioni di euro che raggiungeranno 30 mila lavoratori in tutta Italia con metodi didattici innovativi adeguati alle specifiche realtà aziendali».